Osòr / Ossero
Programma
ore 19:30 visita guidata del museo archeologico di Osor - Gradska vijećnica, 51554 Osor
ore 20:30 cena al sacco nella piazza principale di Osor, davanti alla chiesa di San Gaudenzio - Osor 48, 51554 Osor (portarsi il cibo da casa!)
ore 21:30 inizio spettacolo nella piazza principale di Osor, davanti alla chiesa di San Gaudenzio
lingua evento: croato
informazioni: +386 30313488
si ringrazia: Grad Mali Lošinj, Dario Kučić, Zrinka Ettinger Starčić, Gordana Satalic, Vito Benvin
Se di Εύρώπη/Europa esistono almeno due etimi, uno endogeno e l’altro allogeno:
- dal greco antico εύρύς “ampio” + ώψ-ώπ-όπτ “occhio, sguardo, volto” ad indicare i grandi occhi e/o l’ampio viso della principessa fenicia del mito, oppure metaforicamente i vasti orizzonti delle terre del continente a nord dell’Egeo
- dal fenicio 𐤏𐤓𐤁 ‘ereb “sera, tramonto, occidente” ad indicare ciò che in una prospettiva fenicia, dunque siriana, mediorientale, sta “in direzione della sera”
la parziale connessione del primo etimo con quello di Εύριπος/Euripe - il braccio di mare a separare Eubea e Beozia e, per antonomasia, qualsiasi altro stretto marino a separare due terre disgiunte, - prende in contropiede, perché se εύρύς sta per “ampio”, l’Euripe è appunto stretto, strettissimo, tanto da dare l’illusione di non esistere nemmeno.
Sta di fatto che Εύριπος/Euripe è anche il braccio di mare a separare (o a unire?) l’isola di Cherso e quella di Lussino, e se l’etimo rimane anche qui irrisolto, le correnti contrarie provenienti dal Quarnaro e dal Quarnerolo a sorprendersi a vicenda scorrendo le une sulle altre nel canale scavato da tempo immemore, per favorire il commercio dell’ambra e dello stagno, fanno proprio pensare a un continuo contropiede, a un continuo spiazzamento, a una sorpresa.
Ed è proprio come una sorpresa che arriva un’altra etimologia, quella di Osòr/Ossero, il piccolo paese adagiato presso lo stretto dalla parte di Cherso: il suo antico nome greco Άψωρος/Apsoros deriverebbe infatti da Άψυρτος/Apsirtos, il fratello di Medea che nel tentativo di riportare a casa in Colchide tanto la sorella quanto il vello d’oro, avrebbe inseguito Giasone e gli Argonauti lungo il Danubio, la Sava, la Ljubljanica e poi per terra fino all’Adriatico, sorprendendoli proprio qui (ma qui dove? Alle bocche del Timavo? Nel fiordo della Mirna/Quieto o della Raša/Arsa? O forse alla foce della Rječina/Eneo, dove poi sorgerà Rijeka/Fiume?) e finendo però ucciso dallo stesso Giasone, che ne smembrerà il corpo gettandone i vari pezzi in mare, coi vari pezzi a diventare isole, le isole a chiamarsi Άψυρτιδες/Apsirtidi e al loro centro, appunto, Άψωρος/Apsoros.
“We’re trying to get to know as much as possible: there are streets, villas, public b…”
Le parole di Mitja, l’archeologo capo della missione che sta documentando i resti sotterranei di Osòr prima che vengano distrutti dalla posa in opera delle nuove tubature fognarie, si perdono in una musica soave, dolcissima, proveniente da una finestrella aperta più sopra, con una voce di bambina a cantare versi che conosco: Idir ann is idir as/idir thuaìdh is idi theas/idir thiar is idir thoir/idir am is idir áit…
e all’improvviso mi ritorna in mente la ragazza irlandese che faceva il bagno nuda nelle acque del რიონ/Rioni, le nevi perenni dello სვანეთი/Svaneti sullo sfondo: Tra nord e sud/tra oriente ed occidente/tra dentro e fuori/tra spazio e tempo…