Trieste/ Trst
Programma
ore 16:30 incontro in piazza Tommaseo e partenza in autobus (16.45)* per raggiungere la Risiera di San Sabba - via Giovanni Palatucci 5, 34148 Trieste
ore 17:00 esplorazione a piedi di Trieste dalla Risiera di San Sabba a piazza Libertà a cura di Gian Andrea Franchi
ore 19:00 incontro "La rotta balcanica" introdotto da Claudio Magris con la partecipazione di Egidio Ivetić e Roberta Altin al teatro Miela - piazza Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi 3, 34132 Trieste
ore 20:30 rinfresco offerto dagli organizzatori in collaborazione con i Fornelli Resistenti in piazza Libertà
ore 21:30 inizio spettacolo "Sui sentieri per l'Europa" al teatro Miela
* per facilitare l'organizzazione dell'esplorazione di Trieste vi chiediamo cortesemente di prenotarvi al seguente link https://forms.gle/tjFx8FZG7LPs5yCW9 Abbiamo riservato un autobus con 80 posti, quindi è importante confermare la vostra partecipazione il prima possibile
lingua evento: italiano
informazioni: +39 3281547471
si ringrazia: Teatro Miela, Associazione Linea d'Ombra, Fornelli Resistenti, gruppo misericordia di Barberino Tavernelle, ASCS - Agenzia Scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo, Gian Andrea Franchi, Lorena Fornasir, Claudio Magris, Egidio Ivetić, Roberta Altin, Ksenija Jelen
Tra la stazione ferroviaria centrale e l’ingresso monumentale al porto vecchio, l’edificio dell’ex silos progettato come la stazione verso la metà del XIX secolo: un’edificio enorme su tre piani, con un corpo centrale dalla facciata monumentale impreziosita dall’avancorpo con timpano, rosone e grandi arcate cieche a tutto sesto, e sul retro, ai lati, due lunghi corpi a svilupparsi in quarantaquattro arcate a sesto ribassato lasciando nel mezzo un largo spiazzo per i binari dei treni merci.
Se in origine era stato progettato per lo stoccaggio e la movimentazione di cereali, una rapida scorsa alla sua storia rivela subito un cortocircuito, una zona d’ombra: qui tra il dicembre del ’43 e la primavera del ’45 furono ammassati migliaia di ebrei in attesa dei treni che li avrebbero portati a morire nei forni di Auschwitz.
“Hai visto per strada quanti pini di Aleppo? Per un attimo è stato come essere a casa” mi fa Muḥammad quando, usciti dalla stazione, svoltiamo a destra e lo vediamo, “anche a Cres era lo stesso, ricordi? Boschi e boschi di pino d’Aleppo, pazzesco!”.
Nel dopoguerra l’edificio divenne poi per un certo periodo un centro d’accoglienza per profughi istriani, fiumani e dalmati sistemati qui alla bell’e meglio in attesa di essere smistati in altre città italiane dove spesso la ricezione non fu tanto migliore. “Quella lassù mi ricorda moltissimo una finestra di una casa giù al porto di Haifa” fa Muḥammad indicandomi il rosone, e in effetti per un attimo la memoria torna alle aperture oblunghe dei vecchi magazzini del tardo periodo ottomano a Giaffa. “Io non l’ho mai vista, ma era rimasta sullo sfondo di una foto dei miei genitori”.
Oggi, a parte per il corpo centrale, utilizzato ancora come stazione per gli autobus, i due lunghi corpi laterali sono completamente abbandonati in condizioni fatiscenti, il tetto in molti tratti è crollato, sotto le ampie arcate in pietra a sesto ribassato sono montagne di spazzatura, calcinacci, polvere e topi: qui vivono i migranti.
Mentre giriamo tra le tende ammassate le une sulle altre, tra i fuochi improvvisati dove gruppetti di ragazzi provano a scaldarsi in questa primavera con la neve, Muḥammad sta in silenzio, gli occhi bassi, le mani strette a pugno nelle tasche.
Poi, quando usciamo nello spiazzo di ghiaia dove fino a ieri era la sala Tripcovich, si ferma, sta ancora un poco in silenzio, e poi dice come non credendo a se stesso: “Se quando ad Idoumeni la polizia ci caricava e ci sparava addosso lacrimogeni avessi saputo che sarei finito in un inferno simile li avrei implorati di arrestarmi. Se quando attraversando l’Egeo sono affondato insieme agli altri sul gommone avessi saputo che sarei finito in un posto così non avrei urlato ai soccorsi di salvarmi. Se quando lasciando Aleppo ho rischiato la vita ai checkpoint di Jabhat an-Nuṣra avessi saputo che sarei finito qui, ti giuro che avrei chiesto loro di ammazzarmi.”
Incontro “La rotta balcanica”
CLAUDIO MAGRIS Germanista, saggista e scrittore. Ha dedicato importanti studi alla cultura della Mitteleuropa (interessandosi anche di autori di confine come B. Marin, I. Svevo, B. Pahor), alla storia di Trieste (Trieste. Un'identità di frontiera con Angelo Ara (1982)) e più in generale alla crisi della letteratura contemporanea. È anche autore di opere di narrativa, tra le quali di ricordano Danubio (1986), Un altro mare (1991), Microcosmi (1997), Non luogo a procedere (2015).
EGIDIO IVETIČ Professore ordinario di Storia moderna nell'Università degli Studi di Padova. È direttore dell'Istituto di Storia della Società e dello Stato Veneziano alla Fondazione Giorgio Cini Venezia. Dirige Studi Veneziani ed è membro del Comitato di direzione della Nuova Rivista Storica. I suoi studi e competenze riguardano la storia del Mediterraneo, la storia della civiltà di Venezia e la storia dei Balcani.
ROBERTA ALTIN Professoressa associata e docente di antropologia culturale all’Università di Trieste, si occupa di migrazioni transnazionali, di antropologia pubblica e museale. È responsabile scientifico del Museo dell’arte fabbrile e delle coltellerie di Maniago e coordina il Centro Interdipartimentale su Migrazioni e Cooperazione allo sviluppo Sostenibile dell’Università di Trieste.